mercoledì 24 giugno 2015

3idee del mercoledì

1) Like-me design
 Sebbene il blog non abbia ancora ricevuto molte visualizzazioni e sia ancora tutto in divenire, in queste settimane ho ricevuto molti complimenti, consigli e tanta solidarietà. L'ultima ventata di aria fresca è arrivata ieri, in un momento no. A ridarmi fiducia in ciò che sto facendo è stata Eleonora, conosciuta grazie a Roberta, la mamma di quegli splendidi anelli vintage di cui ho parlato qualche mercoledì fa (per chi si fosse perso il post, eccolo qui). Era da parecchio tempo che non mi capitava di conoscere persone così disponibili ed altruiste. Forse anche lei, nel lontano 1981, quando ha iniziato a lavorare come illustratrice in ambito pubblicitario, si è sentita un po' spaesata in questo mondo fatto di competizione e arrivismo. Eleonora ha lavorato come direttrice creativa nelle più importanti agenzie pubblicitarie di Milano e Torino. Ora ha una sua agenzia che si chiama Elementis. Insieme a Monica Baltano ha ideato un marchio, Zabuj (in piemontese, ingarbuglio), creando collane e bijpoux vari. A un certo punto sono nate le dollyne Like-me (come me), collane realizzate in panno e stoffa. Poi, spinta dalla curiosità e dalla deformazione professionale, ha iniziato a dare un'identità grafica a queste bamboline, che sono la versione stilizzata, scanzonata e in miniatura di chiunque, su commissione, le chieda di realizzarne una. "You are the only one" è il suo mantra.

Da ieri faccio parte anche io della tribù delle "Dollyne", che sono stampabili e applicabili su vari materiali e accessori: cover per il telefono, espadrillas, magliette e qualsiasi altra cosa vi salti in mente. Per la realizzazione occorre una foto dove sia ben visibile il viso ed il taglio di capelli, e la foto di un outfit, non necessariamente vostro...il gioco è fatto!
Non vi ho incuriositi abbastanza? Andate a dare un'occhiata alla sua pagina Facebook.


2) Un cocktail a tema
Per una festa a tema Disney, o semplicemente per una cena tra amici, questi drinks pensati da "Cocktails by Cody" fanno al caso vostro. C'è un drink per (quasi) ogni personaggio Disney, ed è sorprendente quanto il drink lo ricordi. Il mio preferito è quello di Jasmine, con Rum bianco, blu coracao, midori e succo di ananas. Ma anche quello del cappellaio matto non è male: tè verde, foglie di menta e gin. Ecco qua altre idee:





3) Un cortometraggio animato

Si chiama "Coda", ed è un pluripremiato cortometraggio d'animazione diretto da Alan Holly. Una potente verità trasuda da queste immagini, quella dell'ineluttabile, dello scorrere del tempo, di un viaggio che è anche un ritorno alle origini. Senza sentimentalismo, questo corto, uscito da poco in versione integrale, ci racconta di come, inabissandoci nei problemi quotidiani e facendo ciò che ci allontana da noi stessi (senza spesso rendercene conto) rischiamo di perdere il contatto con il nostro Io, con il bisogno ancestrale di ascoltare e ascoltarci. Con le orecchie, con il corpo, con gli occhi. Per una sbadataggine, un nonnulla, potremmo ritrovarci dall'altra parte, con la pretesa di recuperare, in pochi attimi, qualcosa che ormai abbiamo perso per sempre.  Il bello di questo piccolo capolavoro è che sortisce un effetto assolutamente inaspettato. Qual è, secondo voi? 
ecco dove potete guardarlo


mercoledì 17 giugno 2015

3idee del mercoledì

La sessione esami sta colpendo duramente la mia sanità mentale, quindi mi scuso con i  lettori (ho dei lettori? Deliri di onnipotenza) per non essere stata molto prolifica.
È bene però darsi delle scadenze e, dicono, porsi obiettivi semplici, raggiungibili, alla nostra portata e che ci rendano soddisfatti di noi stessi. Il blog è uno di questi. Il post del mercoledì, in particolare, sta diventando un appuntamento fisso. Potrà sembrare che io abbia delle mire basse, ma essendo una persona abbastanza entropica e dispersiva, qualcosa che riesce a rimanere nella mia vita per più di due settimane, è qualcosa di importante. Per chi non lo sapesse (e ne avete tutto il diritto), le tre idee del mercoledì sono tre "cose" (i professori del liceo inorridiscono alla parola "cose", ma che ci posso fare, ormai nel mio laboratorio mentale non c'è più spazio per i sinonimi) che mi hanno ispirata, affascinata, colpita o incuriosita questa settimana.

1) il ritrovato della scienza di questa settimana è un anello a forma di zampirone. Schifosamente kitsch, sorprendentemente geniale e ultimo baluardo di speranza di noi poveri abitanti della pianura padana e non solo - la zanzara a quanto pare è ormai un incubo ovunque, zanzara is the new piccione - questo anello  si chiama Pyrocks ed è realizzato da un due di designers greci (idee per risollevarsi dalla crisi)



2) La ragazza del fico d' India 
I gioielli di questa ragazza (che come me trae ispirazione da "La ragazza con l'orecchino di perla" per il suo nome d'arte, e quindi un punto in più a prescindere) traggono ispirazione dalla natura sarda, dove il fico d'India è particolarmente diffuso. La sua fibra viene essiccata, e dopo un'accurata pulizia e sagomatura viene accostata ad uno sfondo colorato e poi racchiusa in una resina che conferisce al gioiello uno strano effetto lente. Mi piace l'idea un po' darwiniana, semplice ma ingegnosa, di adattarsi ed arrangiarsi con ciò che la natura ci offre. Ho conosciuto dal vivo questa ragazza sarda, precisamente al San Salvario Emporium. È una persona gentile e delicata, come i suoi gioielli. Non vedo un valido motivo per cui non accaparrarsi un pezzetto di Sardegna. La trovate su Facebook come "La ragazza del fico d'India" 


3) Uno spunto creativo
Come avrete evinto dai miei post, collane, anelli, orecchini e in generale accessori realizzati a mano sono il mio pane quotidiano. Tra mercatini, fiere e viaggi vari, mi ritrovo sempre piena di collane e pendaglietti vari, e un po' mi spiace tenerli stipati nel cassetto quando potrei averli esposti più ordinatamente. Ho pensato di realizzare, con una lastra di legno o di compensato e fissando dei pomelli di fattezze, colori e dimensioni diverse, una specie di "appendicollane". L'idea era quella di colorare la lastra con una vernice neutra, possibilmente beige, ma di sbizzarrirmi sui pomelli. Pensate sia un'idea fattibile?
Ps: se avete vecchi pomelli di porte o mobili e non sapete che farvene, problema risolto :)

giovedì 11 giugno 2015

2 storie d'amore tra donne (molto diverse) che mi hanno cambiata.

1) La vita di Adele
Il film, vincitore della Palma d'oro a Cannes nel 2013, è il diario segreto di Adele, studentessa e aspirante maestra d'asilo. La sua vita si intreccia con quella di Emma (Léa Seydoux), studentessa di Belle arti più grande di lei. 
Kechiche (regista di Cous Cous e Venere Nera) sembra aver fatto suo il principio kubrickiano di adattare al cinema opere minori, anche se forse le opere minori scelte dal regista di "2001: Odissea nello spazio" , erano già in partenza più interessanti. "La vie d'Adele" è tratto da un Graphic novel di Julie Maroh, "Blu è un colore caldo", che ha una buonissima idea di base ma un segno grafico e uno sviluppo non troppo pregnanti.
Si è discusso a lungo delle scene di sesso di questo film, ritenute da molti, come dalla stessa autrice del Graphic novel, crude e non necessarie. Vivendo in una società abituata a mostrare ciò che non ha urgenza di essere mostrato e in cui la nudità è esibita gratuitamente, il realismo cinematografico dei corpi di questo film e l'atto sessuale a me non risultano gratuiti e scontati, ma pura incandescenza. Carnalità senza morbosità. L'obiettivo volteggia costantemente sul 
corpo della giovane protagonista, che pian piano diventa donna, traghettata da un libro di Marivaux (La vita di Marianna) e da questo sentimento totalizzante ed impetuoso. Adèle Exarchopoulos è Adele. E lo è totalmente, intensamente, in modo viscerale, da vera fuoriclasse del cinema. Non si può nemmeno parlare di interpretazione. Lei non interpreta, è. Questa giovane attrice (quasi) esordiente  regala al film di Kechiche una potenza emotiva che ha spedito sotto la poltrona più di uno spettatore. L'imbarazzo per le scene di sesso maschera un altro imbarazzo, quello che si sente crescere quando ci si rende conto, alla fine del film, che l'amore non è tranquillità o passione travolgente, conforto, confronto, ricerca di sé o comprensione, ma che è guardare da vicino i limiti dell'uomo.

2) Pomodori verdi fritti (alla fermata del treno), è un film del 1991 diretto da Jon Avnet e tratto dall'omonimo romanzo di Fannie Flagg, che si è occupata anche della sceneggiatura. Non so bene quali parole usare per descrivere questo film, in cui la dimensione narrativa prevale totalmente su quella cinematografica, al contrario de  "La Vita di Adele". Così userò meno parole possibili.
Ruth e Idgie si conoscono nel dolore. Inizialmente non si sopportano, ma nel giro di un'estate, tra queste due ragazze, in cerca ognuna della propria libertà, nasce un'amicizia unica, totale, una grande storia d'amore (amore fraterno, in un certo senso anche platonico) che solo tra donne può crearsi. Insieme gestiscono un locale, il Whistle Stop Cafè, luogo di racconti, gialli, vite che si incrociano. La loro storia si lega anche a quella di un'altra donna speciale, (interpretata dal premio Oscar Kathy Bates) che però, ahimè, è affrontata un po' più frettolosamente. Se volete scoprire cosa sono i pomodori verdi fritti del titolo e come vanno serviti , non vi resta che guardarlo.
Tirando le somme, si può dire che questi film mi abbiano lasciato sensazioni analoghe ma in certo senso differenti. Il primo toglie, scava, mi sottrae dei pezzi, mi lascia vuota, esterrefatta, consapevole dei miei limiti (non so se avete presente questa sensazione, non è negativa come si potrebbe evincere dagli aggettivi che ho usato). Il secondo regala, aggiunge, arricchisce, dona speranza, la speranza di superare quei famosi limiti.

mercoledì 10 giugno 2015

3idee del mercoledì

1) un'altra app
Questa volta si tratta di Camfind.
La schermata principale di questa applicazione ricorda molto una normale fotocamera: un tasto centrale per lo scatto e due laterali, con cui visualizzare la cronologia delle ricerche. Inquadrando un oggetto che ci interessa, per esempio un disco, e scattando una fotografia, dopo pochi secondi si potranno ottenere diverse informazioni riguardanti l'articolo in questione, per esempio come si chiama e se viene venduto su internet. Io la trovo molto utile. Spesso capita di comprare in un negozio un paio di scarpe e poi, cercando su internet, scoprire che avremmo potuto trovarle a decine e decine di euro in meno (non me ne vogliano i negozi di scarpe). Ah, è gratuita!





2) un anello vintage
Anelli colorati, eleganti, sgargianti, sontuosi, minimali, bizzarri... Insomma, ce n'è per tutti i gusti! Ciò che li accomuna è il fatto di essere pezzi unici.

         

Roberta, la loro mamma, un pezzo unico anche lei, è una donne solidale, sensibile, femminile, vitale, gentile, una centrifuga vivente. Odia la competizione tra donne, forse è per questo che mi è subito piaciuta. Viaggia moltissimo ed è amante della moda,  della musica e del mare. Durante i suoi spostamenti va a caccia di bottoni in mercatini vintage e vecchi bottonifici, per poi assemblarli, un po' a scopo terapeutico, un po' perché le piace l'idea che una donna speciale indossi un anello con un passato e una storia speciali. La sua pagina Facebook si chiama Bread's Buttons.

    

   




3) un gioiellino lillipuziano 
Di bijoux in fimo se ne sono visti fin troppi negli ultimi anni, alle fiere, ai mercatini, sul web. La rete straripava di video tutorials per imparare a creare oggetti in pasta sintetica. Spesso, però, quelli che dovevano essere dei teneri frollini al cioccolato, nelle mani sbagliate si trasformavano di biscottoni dai colori piatti, pacchini e grossolani. Mi è sembrato di vedere, per quanto riguarda le creazioni in fimo, possenti scopiazziature e lavori poco originali. Così, pian piano, il mio entusiasmo iniziale,  dato dal fatto di poter portare sempre con me i miei dolci preferiti, è andato scemando. Poi, un giorno, un'ape di nome Sara si è posata sulla mia spalla. The Crafty Bee è proprio il nome che questa creativa, di origini sarde ma torinese d'adozione, ha dato al suo negozio online e alle sue creazioni. 
Come un'apetta laboriosa, questa ragazza  - appassionata, tra l'altro, anche di tecnologia e di fotografia - ha appreso tutti i segreti del mestiere da autodidatta, facendo, disfando, immaginando e sperimentando sempre nuove tecniche.



Come un'ape, vola di fiore in fiore, traendo ispirazione dalla vita di tutti i giorni. E così, da una grande forza di volontà e dalla voglia di mettersi in gioco, scaturiscono, come per magia, dei minuscoli, lillipuziani, squisiti gioiellini. Dalla rosellina, al cuoricino in finta maglia (è bene specificarlo, perché qualcuno, dalla foto, potrebbe non credere che si tratti di pasta sintetica), alla tortina al cioccolato ripiena di pistacchio ; tutto elegantemente rifinito e realizzato rigorosamente a mano, senza stampi. Dal punto di vista tecnico, quello che mi ha colpito di più sono le collane (ma anche gli orecchini e gli anelli) realizzati con la tecnica dell' applique, ovvero applicando su una base dei minuscoli pezzetti di pasta in colori scelti, fino a formare un disegno. 

Vorrei scoprire il segreto di Sara. Probabilmente ha preso in prestito qualche pasticcino magico da Alice nel Paese delle Meraviglie, si è rimpicciolita, e ha iniziato a creare qualcosa di consono alle sue dimensioni!
Trovate le sue dolci creazioni su Etsy e potete contattarla su Facebook (The Crafty Bee).
Tenere lontano dalla portata dei bambini... E dei golosi!


    







domenica 7 giugno 2015

Ricordi profumati

Oggi mi sentivo particolarmente incline ad assecondare la mia indole nostalgica, e così, frugando tra le cose di mia mamma, ho trovato una scatola stracolma di vecchi profumi, quasi tutti vuoti. Riconosco alcune forme, ricordo di averle viste sullo scaffale più alto del bagno, quello pieno di cose "da grandi", che io non potevo mettere. Altre forme non le riconosco, risalgono probabilmente agli anni '80 e '90, quando non ero che un pensiero o quando ancora non ero in grado di intendere e di volere. I profumi mi hanno sempre affascinata, tanto che, vedendo mia madre vaporizzare in bagno quegli effluvi, anche io, nella mia cameretta, giocavo a distillare liquidi magici con le essenze al bergamotto di cui il pavimento di legno, con un po' di immaginazione, ancora profuma.
Mi consola sapere che la mia mania per il collezionismo non è piovuta dal cielo, e che quando mia madre mi accusa di non essere in grado di liberarmi delle mie cose (nemmeno delle sorprese degli ovetti Kinder di quindici anni fa) in fondo sta anche un po' rimporoverando se stessa.
Veniamo al dunque. Ho iniziato a pensare,   guardando questi botticini inutilizzati, a cosa potrei farne per ridargli una seconda vita, e per non lasciare che delle meraviglie del genere giacciano inutilizzate in un armadio.
Per ora, le idee che ho avuto sono state due: decorare i vecchi profumi con bottoni, bulloni e stoffe e dargli un aspetto antropomorfo, delle specie di robottini da riempire con della sabbia e da utilizzare come fermacarte; la seconda è di utilizzarli come piccoli vasi, riempiendoli d'acqua e infilandoci una rosa, di cui il mio giardino in questo periodo è pieno.
Voi che ne dite? Avete altre idee? Se sì, condividetele con me :)

giovedì 4 giugno 2015

La giovinezza, la massaggiatrice e la bellezza sfiorita

Mercoledì scorso sono uscita dalla mia grotta e sono andata al cinema per vedere Youth - la giovinezza, l'ultimo attesissimo, gonfiatissimo e tutti gli "issimo" del caso, film di Paolo Sorrentino.
Sorrentino è l'autore di - per chi non lo sapesse -  La grande bellezza, Le conseguenze dell'amore, This must be the place e tutti gli altri lungometraggi, meno conosciuti, che avete copiato dalla sua filmografia e incollato nelle vostre conversazioni per farvi ganzi con gli amici dopo il successone de La grande bellezza. Come vedete, è passata già una settimana dalla mia scampagnata al Cinema Massimo (se passate da Torino, andateci: la programmazione è tra le migliori in Italia), questo perché ho voluto lasciar sedimentare per bene quel poco che questo film mi ha lasciato. Chi, come me, all'uscita della sala origlia le conversazioni altrui, avrà notato che il pubblico è sostanzialmente diviso in due fazioni: chi vede nel lavoro di Sorrentino una sorta di opera lirica cinematografica e chi invece giudica le immagini sempre più accattivanti del regista uno specchietto per le allodole. 
Inizierei col dire che (quasi) ogni film, fondamentalmente, nasce con delle buone intenzioni. Che sia per divertire, per stuzzicare, per raccontare, per mostrare, per insegnare qualcosa, il lavoro del regista, dello sceneggiatore e degli altri addetti ai lavori va (quasi) sempre rispettato, perché anche il film apparentemente più insignificante nasce dall'impegno di qualcuno, un po' come i miei compiti di matematica del liceo. Abbandonate le vesti di principessa Disney ottimista, mi permetterò di giudicare Youth tenendo conto di diversi aspetti. Svestito di ogni orpello, Youth è sostanzialmente ed innegabilmente un film di narrazione, e un film di narrazione deve avere basi narrative più solide. Se la materia inconsistente de La grande bellezza era giustificata dal fatto che lo stesso mondo preso "di mira" dal regista fosse vuoto, fluido e cedevole, qui, per parlare di senilità, mi sarei aspettata un po' più di profondità. Invece il contenitore formale non ha molto fermento. Sebbene io non possa resistere al fascino delle immagini, concordo con Hitchcock nell'affermare che "il dialogo dovrebbe essere semplicemente un suono fra gli altri". In questo caso, non solo i dialoghi sono un rumore che sovrasta gli altri (persino la colonna sonora), ma sono anche infarciti di massime e citazioni. I due protagonisti sono Fred, un compositore e direttore d' orchestra in pensione, e Mick, un regista impegnato nella stesura del suo film testamento. I due signori sono gli ospiti a cinque stelle di una specie di limbo geografico ed esistenziale dove, tra un massaggio, uno spettacolo circense e una carrellata di quadri viventi, si lotta contro l'invecchiamento e si rimane in sospeso dal flusso continuo della vita. 


"Tu hai detto che le emozioni sono sopravvalutate, ma è una vera stronzata. Le emozioni sono tutto ciò che abbiamo"... Ecco, sono proprio l'emozione, l'elemento dionisiaco e la semplicità a scarseggiare; rare volte irrompono come fulmini a ciel sereno, per esempio nella scena del sogno "annacquato" in piazza San Marco, o in quella in cui un bambino si allena al violino con le "canzoni semplici" di Fred, o ancora nella danza della massaggiatrice, simbolo del contatto con la propria parte sensuale. Sorrentino, un quarantenne che troverebbe del bello persino in uno scopino del water, alla sua età sembra trovare rifugio solo nel gusto, nella forma, esattamente come i suoi personaggi. Sarà questo il senso della giovinezza, della vita e della vecchiaia? 

mercoledì 3 giugno 2015

3idee del mercoledì


1) Un' app
Si chiama Pocket ed è il mio ultimo ritrovamento. Probabilmente la conoscete già, ma per le ritardatarie come me, due righe su come funziona. Questa utilissima applicazione salva gli articoli, i video o  le pagine web che si trovano navigando in internet o attraverso applicazioni come Facebook, Twitter, Google plus. Vi è mai capitato di trovare un articolo interessante di un quotidiano online o di un blog (hehe) e non poterlo leggere all'istante? Per evitare di inviare in chat a vostra madre il link che vi interessa per paura di perderlo,  o per non accumulare schede nel broswer, scaricate questa applicazione gratuita. Potrete accedere ai contenuti salvati anche quando siete offline. No, non mi hanno pagata per pubblicizzarla, solo che la trovo davvero utile!




2) una piantina da indossare
Perchè le piante dovrebbero restare a casa? Perchè non appuntate alla nostra giacca, o appese al collo? Probabilmente se avessi avuto sempre a "portata di dito" la mia piantina grassa avrei evitato di lasciarla nelle mani della mia coinquilina, che l'ha bruciata piantando degli incensi nel vasetto. Quando si dice "avere il pollice verde".  Divagazioni a parte, sono convinta che le persone possano trarre grandi benefici dalle piante. Le wearable planter sono realizzate da Colleen Jordan, un'americana con la passione per l'handmade e l'autoproduzione. Le sue creazioni sono disponibili su Etsy. Credo sarà il mio prossimo acquisto!



3) una spilla
Sarò figlia illegittima di Mazzarò, ma l'accumulazione di "roba" è uno dei miei tarli. Forse, tra tutte, il collezionismo è la più nobile forma di materialismo. Dopo le calamite (ne ho circa 400, da ogni parte del mondo), le cartoline d'epoca, i ritagli di giornale e le bottiglie di birra, è arrivato il turno delle spille. Qualche domenica fa girovagavo per il San Salvario Emporium, un bellissimo mercatino di artigianato, vintage ed handmade che si tiene periodicamente a Torino, nel quartiere "San Salvario"; le spillette di Atelassé hanno immediatamente catturato la mia attenzione. Originali, personalizzabili e ben curate, me ne sono subito accaparrate un paio. Atelassé crea anche portachiavi/borselli in pelle di recupero, marsupi realizzati con i sacchi del caffè ed altre cosette molto, molto interessanti. I suoi manufatti sono ecofriendly: danno una seconda vita ed un'anima a materiali alternativi, usati o di scarto. Trovate tutto sulla sua pagina Facebook (Atelassé


martedì 2 giugno 2015

Cinque commedie romantiche da guardare nel weekend

Oggi voglio parlare di un genere, quello delle commedie romantiche, spesso sottovalutato. È vero, ultimamente di commedie sentimentali intelligenti se ne fanno sempre meno, partendo dal presupposto che un film, per essere "di qualità", debba trattare argomenti "seri". Questo ragionamento è sbagliato: sarebbe un po' come negare genialità ed autorialità ad Edgar Lee Masters per essersi preso la briga di parlare della vita dei defunti di un cimitero immaginario, dimenticando che in un libro, come in un film, esistono diversi livelli di lettura e diversi sottotesti. È vero, ancora, che la commedia romantica, essendo un genere, presenta sempre un preciso set di situazioni, personaggi e cliché, ma è vero anche che una commedia intelligente spesso oltrepassa i confini ristretti del suo microcosmo narrativo d'appartenenza per ibridarsi con altri generi e sottogeneri, creando, nella migliore delle ipotesi, qualcosa di assolutamente unico. Purtroppo, come i bambini amano sentirsi raccontare sempre la medesima fiaba, anche il pubblico ama sentirsi comodo e rivedere sullo schermo sempre la medesima storia.
I generi, indubbiamente, sono connaturati alla dimensione industriale del cinema, ma ora cercherò di parlarvi, senza pregiudizi (e chiedendovi di fare altrettanto nel leggere), di quelle commedie romantiche che ho visto nell'ultimo periodo e che, per un motivo o per l'altro, mi hanno lasciato un segno.

1) Penso che il primo posto spetti di diritto a "Susanna!" (titolo originale: Bringing up baby), un film del 1938 diretto da H. Hawks e prodotto dalla RKO, in un periodo in cui la parabola creativa hollywoodiana era all'apice del suo sviluppo. Perché al primo posto? Il bello di questo film è che, oltre ad essere equilibrato, pulito e ben confezionato, può essere visto a cuor leggero, identificandosi nei personaggi e godendosi semplicemente il plot, l'intreccio narrativo e la storia d'amore, oppure con un atteggiamento più critico. "Susanna!" è un film indubbiamente femminista, in cui la protagonista, una donna ironica e intelligente che si è liberata di pizzi, merletti e inutili orpelli vittoriani, impugna la mazza da golf  e scende in campo a giocare, costruendosi la propria fortuna e cercando di infilarsi nel cuore (e nel letto) del protagonista per tutto il film. Riuscirà la nostra Susan, emblema della sessualità dirompente del leopardo (non a caso il suo animale "domestico") ad alleggerire la mente e il cuore dello scienziato David, impegnato da anni a reperire l'osso mancante del brontosauro, e perennemente in contemplazione, come il pensatore di Rodin? Non vi svelo altro, ma solo che il finale non è di quelli classici, con il bacio e il "vissero tutti felici e contenti" ma vi è il dubbio, la riapertura dei giochi, rendendo questa storia il prototipo perfetto della commedia brillante.

2) Billy Wilder è uno dei pochi registi a portare alta la bandiera della commedia brillante anche nel secondo dopoguerra, quando lo studio system imboccava la strada di una lenta ed inesorabile discesa, complice lo smantellamento del sistema ad integrazione verticale e l'avvento della televisione. Il suo "A qualcuno piace caldo" è considerata, da me e da altri personaggi più accreditati, una delle più grandi commedie di sempre. Il film è ambientato nel '29; sullo sfondo un' America proibizionista. Questo sfondo, però, finisce presto per intrecciarsi con la storia principale, in quanto i due protagonisti si rendono per sbaglio testimoni della strage di San Valentino. I due malcapitati sassofonisti, cercando un modo per sparire rapidamente dalla circolazione, vengono a sapere di una band in cerca di due musicisti per una tournée di due settimane in Florida. Peccato che l'orchestra sia per sole donne... E che donne! Tra le colleghe, infatti, c'è Zucchero (una sensualissima M. Monroe) una suonatrice di ukulele con il vizio dell' alcol e in fuga da relazioni amorose sbagliate. I temi del film sono scottanti per l'epoca, in quanto si parla non solo di travestimento,ma anche di omosessualità latente, tanto che il  film dovette fare i conti con "Catholic Legion of Decency". Forse è proprio questo il motivo del mio amore verso questo film. Anche qui, come in Susanna!, i toni comici nascondono e proteggono una materia ben più complessa.

3) Ne "Il cameraman" di e con Buster Keaton, la risata fragorosa da  slapstick comedy (la commedia da cartone animato, fatta di scivolate sulle bucce di banana, per capirci) è sempre velata di amarezza e malinconia.  Buster è un aspirante cameraman innamorato di una dolce segretaria (la splendida Marceline Day) e costretto a fare i conti con una sfiga dietro l'altra. Uno dei messaggi del film è quello di - sembrerà banale- non arrendersi davanti ai "no", perché spesso la genialità non è capita. Le pellicole di Buster, rifiutate da quelli della casa di produzione, sono in un certo senso avanguardistiche (tagli particolari, dissolvenze),mentre quelle che alla fine gli valgono l'assunzione sono girate dalla sua scimmietta. Le riprese canoniche e "bestiali" trionfano sulla sfumatura e sull'errore umano, sottolineando come spesso, nel cinema come nell'arte (basti pensare al Salon des Refusès), certe soluzioni all'avanguardia siano rifiutate dai più per scarsa lungimiranza e attenzione. Siamo in presenza di metacinema: un cinema che parla di cinema, come ne L'uomo con la macchina da presa di Vertov o La finestra sul cortile di Hitchcok. Il cameraman suscita in me una sensazione strana che forse qualcuno di voi avrà già provato, quella della nostalgia per un'epoca mai vissuta.

4) Passiamo a qualcosa di più puramente e squisitamente "narrativo". "In cerca d'amore" è un film del '99 di Gavin O' Connor. I "tumbleweeds" del titolo originale (ma perché, perché, è permesso alla gente di fare certe traduzioni?) sono formazioni vegetali (delle specie di cespugli) che rotolano trasportati dal vento, un po' come le due protagoniste, una madre e una figlia che, dopo la fine di ogni storia d'amore della prima, sono costrette a cambiare vita, casa, vestiti, abitudini. Una riflessione sul rapporto complicato tra madri e figlie, condita da ilari episodi di isteria femminile. La regia non è particolarmente brillante, ma l'interpretazione della protagonista è eccezionale.

5) "Tutti pazzi per Rose".
Deliziosa commedia romantica dai colori pastello, che ha tutto il sapore di un burroso croissant. Rose, una ragazza di provincia con il talento alquanto particolare di battere a macchina a velocità da record, è una Amelie Poulain degli anni '50, goffa e sognatrice, ma tenace e dotata di una sensibilità ed un coraggio assolutamente femminili. Per allenarsi per le gare di dattilografia, la ragazza dovrà battere a macchina, notte e giorno, tutti i classici della letteratura francese. Si sa, i francesi sono autoreferenziali, ma quando la citazione è delicata e non gratuita, non posso che compiacermi. Quando Rose, magnifica nel suo abito rosso, si presenta al suo coach, vestito di grigio e seduto in poltrona, il collegamento ipertestuale a Vertigo di Hitchcock è immediato per un cinefilo (autore eletto peraltro a manifesto dagli autori francesi della "politica degli autori").
La storia d'amore si concluderà in modo classico, ma la vittoria più bella sarà quella sul fronte personale, quando Rose si convincerà finalmente del suo vero valore. Questo film è la risposta a mia madre sul perché della mia frangetta. Guarda Rose e capirai!